Una carezza per Nico
Nicola, detto familiarmente Nico, è arrivato in Hospice in uno stato semi comatoso a causa di un tumore al cervello, ma la sua “assenza ” era in realtà solo apparente, perché quando voleva riusciva in qualche modo a comunicare e a farsi capire.
Essendo molto giovane, e orfano di entrambi i genitori, è stato subito adottato da tutta l’équipe, che lo ha amorevolmente seguito, insieme alla sorella ed agli amici, durante il lungo periodo di degenza.
Anche noi volontari abbiamo cominciato a frequentare la sua stanza, ma Nico ha fatto subito capire le sue preferenze, ed io non ero tra queste.
Non gli ero proprio simpatica, per cui mi sono sempre limitata a passare per un semplice saluto, scambiando qualche parola con chi lo stava assistendo in quel momento.
Alla sera la sorella veniva col figlio di tre anni, un simpaticissimo diavoletto che portava allegria non solo nella stanza dello zio, stimolandolo a comunicare, ma in tutto il reparto; arrivavano amici dal lontano Abruzzo, sua terra d’origine, nei week-end arrivava la fidanzata, e le cose sono andate avanti così per diverso mesi, in un clima altalenante di sollievo e disperazione, ma sempre di grande amore e disponibilità.
Poi, improvviso, il rapido declino, previsto dalla gravità della malattia ma sempre inaspettato per chi ama.
Ho cominciato allora a passare più spesso davanti alla sua stanza, ma senza entrare per non disturbarlo con la mia presenza, limitandomi a controllare dalla soglia che tutto fosse tranquillo, che non ci fosse bisogno di chiamare qualcuno del personale, e così ho fatto quella mattina.
La sorella era appena andata via, Nico era solo nel suo letto di dolore, gli occhi semiaperti, il respiro faticoso.
Mi sono avvicinata e delicatamente ho cominciato ad accarezzargli la fronte, fin che gli occhi non si sono chiusi ed il respiro si è fatto un poco più regolare, poi in silenzio mi sono allontanata.
Ed è a quel punto che Nico ha emesso un suono strano, una specie di lamento che ha avuto l’eco di una accorata richiesta.
Sono tornata al suo fianco e ho ripreso ad accarezzarlo sulla fronte, sulle spalle, sono stata a lungo con lui finché non si è addormentato.
Quei tocchi, quelle carezze non sono più state il compassionevole accompagnamento di un volontario al capezzale di un paziente, sono state le struggenti carezze di una madre al figlio morente.
Nico se ne è andato due giorni dopo.